In cerca dell'equilibrio.



Nello yoga ci sono alcune posizioni la cui finalità è imparare a mantenere in equilibrio il corpo. Per esempio, una di queste è la "posizione dell'albero" dove bisogna poggiarsi su una sola gamba, mentre l'altra è piegata con il piede messo sulla coscia, sopra il ginocchio, della gamba opposta, le braccia sono distese verso l'alto con le mani unite sopra la testa. I benefici che si hanno realizzando questa posizione sono: maggior equilibrio fisico e mentale, aumento della capacità di concentrazione e dell'autostima. Vorrei ora analizzare la vita di tutti i giorni come se si stesse eseguendo la posizione dell'albero.
Partiamo dal fatto che poggiandosi su una sola gamba si perde l'equilibrio cui si è abituati stando su due gambe. Cambiando la nostra condizione abitudinaria perdiamo l'equilibrio realizzato automaticamente e si è costretti a trovarne un altro. Basterebbero i ricordi del bambino che si è stati, a confermare quanto si è dovuto lavorare per imparare a mantenersi in equilibrio nella posizione eretta. Ora è chiaro che, nella routine quotidiana, si è costretti a trovare continuamente l'equilibrio, perché ognuno è un sistema che cambia continuamente e si è immersi in un altro che fa altrettanto. Il corpo cambia continuamente, così come i bisogni che si avvertono, così come il contesto in cui si vive. Di conseguenza i nostri pensieri, le decisioni che ne conseguono e le azioni che le realizzano devono lavorare all'unisono per mantenerci in equilibrio. Il rischio è di cadere.
Quando si è nella posizione dell'albero, per mantenerci in equilibrio, il corpo realizza degli impercettibili movimenti muscolari che servono a compensare, da una parte o dall'altra, la perdita dell'equilibrio. Credo che sia necessario fare la stessa cosa nella vita di tutti i giorni. Bisogna essere sempre pronti a cavalcare l'onda, surfare fino a raggiungere, scivolando, la spiaggia. Per fare questo è necessario molta flessibilità e leggerezza. E' necessario abbandonare preconcetti e pregiudizi.
L'ultimo punto, per concludere quest'analogia tra la posizione dell'albero e il vissuto quotidiano, è nel trucco che bisogna adottare per non perdere l'equilibrio: fissare un punto in avanti. Quel punto è la nostra tavola da surf. Esso è la consapevolezza che si ha della propria persona. Non tanto di un essere statico con la propria fisicità e con le proprie convinzioni, bensì di un essere che vive, e vivendo vibra in armonia con altri esseri, non solo umani, che a loro volta vibrano. 

Decisioni.


Voi decidete: a che ora svegliarvi la mattina, che tipo di colazione fare, quali vestiti indossare, la vostra postura mentre camminate, il vostro stile di guida, come reagire se qualcuno vi taglia la strada, cosa fare quando il bambino zingaro vi chiede l'elemosina, come salutare i vostri colleghi, come lavorare, come agire con la persona che non sopportate e con quella che vi piace tanto, cosa mangiare a pranzo, come trattare la vostra famiglia, cosa leggere o non leggere, cosa guardare in tv o non guardarla, a che ora andare a dormire. Queste sono solo alcune scelte che normalmente si fanno durante la giornata, la nostra è una vita di scelte, momento dopo momento. Di alcune siamo consapevoli, altre le facciamo senza pensarci. Siamo inconsapevoli perché sono scelte che abbiamo fatto tanti anni fa e ripetendole continuamente sono diventate automatiche (per esempio come camminiamo o come guidiamo l'auto), oppure perché appartengono ai nostri automatismi biologici.
La nostra esistenza è un lungo percorso segnato dalle decisioni prese e dalle conseguenze che esse causano. Da ogni decisione scaturisce un'azione che determinerà l'avanzamento di un passo in una direzione ben precisa. Prima di decidere possiamo muoverci a trecentosessanta gradi, ma tratto il dado la direzione è segnata. Quindi il momento della decisione è un tempo di sospensione dove tutto può accadere. Come può la nostra mente sfruttare al massimo questo momento?
La prima cosa è essere consapevoli che qualsiasi azione si faccia è il frutto di una decisione presa. Per afferrare quanto sia vero questo concetto prendiamo ad esempio una delle tante attività che si fanno durante il giorno. Immaginate di volervi preparare un caffè con una moka. Iniziamo ad analizzare la procedura partendo dal riempimento della caldaia della moka di acqua. Aprite il rubinetto spostando la manopola fino ad avere in flusso d'acqua che ritenete sufficiente (decisione). Riempite la caldaia fino ad un livello adatto (decisione). Infilate il serbatoio del caffè nella caldaia e controllate che tutto vada bene (decisione). Prendete la latta che contiene la polvere del caffè e la poggiate in un punto preciso (decisione). Con un cucchiaino prendete dalla latta una dose adeguata di caffè (decisione). Ponete la polvere nel filtro e continuate questa operazione finché credete di averne messa la giusta quantità (decisione). Avvitate il bricco alla caldaia facendo la giusta pressione (decisione). Accendete il fornello, ci ponete su la moka regolando la fiamma (decisione). Fare un caffè con la moka comporta una serie di decisioni e, per chi lo fa con una certa abitudine, sono fatte automaticamente. Cercate di scovare anche una sola piccola azione che non è il frutto di una decisione presa consapevolmente o inconsapevolmente. 
Nei prossimi post analizzerò più approfonditamente quali sono i processi che regolano una decisione. Quello che voi potete fare, anche da subito, è affermare in ogni momento: "Io sto decidendo ..." (di fare il passo con la gamba destra o sinistra, di fare il passo più lungo, di girare a destra, di accelerare, di rallentare, di sorridere, di piangere, di rimanere da solo, di essere in compagnia, di odiare, di amare, ecc.). Oppure se volete analizzare il passato, potete chiedervi "Io ho deciso ...". Quando analizziamo le decisioni al presente, ne diventiamo consapevoli. Quando le analizziamo le decisioni nel passato, diventiamo consapevoli delle conseguenze che hanno causato. 

La realtà immaginaria.


Quando si parla di realtà, ci si riferisce a qualcosa di concreto, al di fuori della nostra persona, che esiste di là della nostra presenza. Quindi possiamo dire: la dura realtà, non è realistico, in realtà vi dico. Come si evidenzia da queste poche frasi, ripetute diffusamente nei nostri discorsi, la realtà è anche sinonimo di verità. Quando qualcuno parla di realtà, parla anche di verità. Ma la realtà è così reale come sembra?


Cerchiamo di rispondere a questa domanda ipotizzando che la realtà sia qualcosa di oggettivo, cioè come un contesto dove possibili influenze di valutazioni soggettive sono escluse. La fisica dell'ultimo secolo esclude la possibilità di una realtà oggettiva.
Ora consideriamo l'oggettività della realtà dal punto di vista della condivisione di più persone della descrizione di alcuni aspetti della stessa. A dimostrare quanto questa è impossibile basti considerare le diverse opinioni esistenti su uno stesso argomento. Inoltre, sono noti i test fatti in psicologia sociale, a dimostrare quanto la valutazione corretta del singolo individuo sulla lunghezza di alcuni bastoncini, possa essere influenzata dalla valutazione volutamente errata fatta dal gruppo istruito dallo sperimentatore. D'altra parte anche i nostri sensi non possono aiutarci nella percezione oggettiva di un elemento della realtà. La nostra percezione parziale viene completata nella nostra mente, a dimostrazione di ciò fate una ricerca su Youtube con le parole "illusione ottica".
La realtà oggettiva non esiste. Quella che noi chiamiamo realtà è un'idea che abbiamo di come sia fatto il mondo fuori della nostra persona. Quest'idea si è formata nella nostra mente attraverso le migliaia di esperienze che abbiamo fatto sin da quando siamo nati. Ma la cosa più incredibile è che le nostre scelte sono relative all'idea che abbiamo della realtà, e abbiamo una certa idea della realtà a causa delle esperienze che abbiamo fatto facendo delle scelte piuttosto che altre. Quindi ognuno è artefice della propria realtà.

Dacci oggi la nostra nevrosi quotidiana.

Siamo tutti dei nevrotici compensati. Ognuno ha la sua nevrosi con cui convive. Come un rumore di fondo essa ci accompagna durante la nostra routine quotidiana, sappiamo che c'è qualcosa che non va, ma pensiamo che in fin dei conti possiamo tirare avanti finché dura.
Ma che cosa è la nevrosi? E', in parole molto semplici, la mancanza di sintonia con la realtà. Essa può manifestarsi come fobia, ossessione, ansia, però l'elemento costante rimane una visione distorta della realtà. Facciamo un esempio ricorrendo al sintomo più diffuso della nevrosi: l'ansia. Pensiamo all'ansia anticipatoria che si avverte prima di un evento importante. Ebbene è naturale sentirsi particolarmente vigili prima di un evento importante, perché in questo modo il nostro elevato livello di attenzione ci permette di rispondere prontamente agli stimoli esterni. Tale sensibilità può significare anche farsi delle congetture su quello che può accadere in modo da esserne preparati. Quando queste previsioni però riguardano per la maggior parte, o nella totalità, eventi su cui pensiamo di non essere preparati e quindi pensiamo di fallire, avvertiamo l'ansai di anticipazione. I muscoli diventano eccessivamente tesi, ci manca il respiro, sudiamo freddo e quello che è peggio andiamo in confusione, non siamo più sintonizzati sulla realtà, ma stiamo solo pensando che non c'è la faremo.
L'esempio appena fatto ci riporta ad un altro elemento importante della nevrosi: la realtà si allinea con i nostri pensieri. Quindi l'esame ci andrà male, il cane ci abbaierà dietro, nonostante tutta la nostra attenzione commetteremo l'errore fatale, l'ascensore si bloccherà. I pensieri nevrotici distorcono la realtà e la rendono un terreno fertile affinché essi possano continuare ad esistere. La coazione a ripetere, di memoria freudiana, non è altro che questo: un circolo vizioso che si è creato tra i nostri pensieri e la realtà. La risposta che normalmente si dà a questa situazione è la compensazione, cioè mettiamo delle toppe dove servono. Se ho paura dell'ascensore non lo prendo, se ho paura della gente la evito, se ho paura di prendere decisioni non le prendo, se ho paura delle sorprese della vita le evito. Ma questo funziona fino a quando la realtà c'è lo permette.